Un mesetto che non scrivo e non voglio riassumere ma ripartire. "Riparto da qui", la canzone di Malika Aylane che l'attento Andrea mi ha consigliato di ascoltare.
C'è da ripartire? si, decisamente si.
Stoccolma, da cui sono appena tornato, è una città sorprendentemente azzeccata. E Andrea e Paolo (Anastasio e Pietro) due persone per me davvero importanti, presenti ieri oggi e domani.
Si riparte quando ci si ferma o quando si rallenta, a volte di perde la direzione, a volte si perde la spinta, l'inerzia. E allora due ingenieri possono aiutare, con il loro approccio causa-effetto a far ripartire la macchina.
Riparto da loro, dall'importanza di sentire dei riferimenti forti.
Io sono un criticone, lo sono sempre stato, mi piace ribaltare i punti di vista. Mi piace provare a togliere i riferimenti per capire se il sistema regge oppure no, se tutto torna alla propria posizione originale, se una posizione originale esiste. Vivendo lontano da casa, fuori dall'ambiente che per me è stato di riferimento per 27 anni, è facile metterlo in discussione.
Venendo al concreto, di fronte ad una bistecca in una bella Steak House di Stoccolma, sono riuscito a "litigare" con Paolino sulla superiorità culturale dell'Africa o della Cina rispetto alla nostra cultura. Ciò che sostenevo era che la centralità dell'essere sull'avere di quei popoli mi faceva presupporre che pur essendo economicamente e scientificamente piu arretrati in realtà il loro equilibrio e il rispetto per l'individuo siano maggiori.
La risposta di Paolino, è stata giustamente una difesa del progresso tecnico-scientifico e di tutti i benefici che questo ha portato. Andrea, ha svolto il ruolo di mediatore-provocatore, con efficacia.
Alla fine, Paolino mi ha detto:"certo che hai proprio una bella confusione in testa, tu non hai nessuna base su cui costruire la tua vita". E ha perfettamente ragione.
Credo, in questo momento, di vivere un "relativismo totale".
E per questo, nel grande mare in cui galleggia la mia piccola zattera, bisogna trovare dei punti fermi per non essere travolti. Gli amici, ci sono, e sono una grande risorsa e un porto sicuro. Risorsa per il confronto, porto per il conforto.
E la grande ricchezza è la loro varietà: ognuno insostituibile.
Riparto da loro quindi, per sentire che la zattera può diventare vascello.
Essere una zattera nel mare non è facile come sostare, riparati, nel porto. Mettere in discussione tutto è proprio questo, è partire, è affrontare il mare che all'inizio quando ancora si vedono le lucine delle case lungo la costa lusinga perchè sembra calmo e accogliente. Poi allontanandoci un po, ci sembra di domare con facilità le sue onde ancora timide. Quando siamo in mare aperto, le raffiche diventano piu forti e ci si rende davvero conto di essere vulnerabili.
La vocazione a partire l'ho sempre avuta. Da piccolo, emulando la pubblicità della Chicco, ho messo una mela in un fazzoletto, legato all'estremità del bastone della scopa e volevo partire. Ero già sulla porta di casa quando la mamma mi ha detto "dove vai, Fabio?".
Ero e sono curioso.
E capisco ora che la metà di ogni viaggio è dentro di noi, e che se si arriva lì dove ci siamo prefissati all'inizio di arrivare significa che qualcosa è andato storto. Iniziare un viaggio significa essere pronti a cogliere i segnali e a cambiare mezzo e meta, se necessario. Questo è viaggiare, aprendosi ad ogni imprevisto e leggendolo come un segnale.
Ha fascino la vita, vissuta così. E ci vuole coraggio a lasciare il porto con una piccola zattera. Ma fa parte del gioco, o almeno delle mie regole.
E ogni piccola zattera spera di trovare in mare aperto un'altra piccola zattera con la quale unire le travi per costruire un'imbarcazione più forte e affrontare, insieme, le insidie. Ma si sa che il mare è grande, le onde imponenti, le correnti imprevedibili. E' difficile che due piccole zattere si incontrino, con tutto lo spazio che c'è.
Io comunque continuo a navigare.
Grazie ancora Anastasio e Pietro
lunedì 8 marzo 2010
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